martedì 26 gennaio 2010

Toni Shem Tov Ci vediamo a casa subito dopo la guerra


Ogni volta che il dottore le consegna una lettera dello zio Jeek, Lieneke sente il cuore battere all'impazzata. La nasconde nel grembiule e la porta in camera, al sicuro, dove la legge e la rilegge. Perché sa che presto dovrà restituirla al dottore, che la brucerà o la farà in mille pezzi affinché non cada nelle mani sbagliate. Nessuno deve sapere che Jeek in realtà non è suo zio, ma suo padre. E che lei non si chiama Lieneke, bensì Jacquelin un nome che ormai appartiene al passato, a una vita precedente in cui poteva andare a scuola con le amiche di sempre, passeggiare nel parco e correre in bicicletta. Senza una stella gialla appuntata sul petto. Tutto è cominciato con il "gioco dei nomi", quando la mamma ha spiegato a lei e alla sorellina più grande che tutti i membri della famiglia non si sarebbero più chiamati come prima. C'erano anche altre regole da rispettare: lasciare la città, Utrecht, e nascondersi. E non dire a nessuno di essere ebree. Da quel giorno, la famiglia si è separata, trovando rifugio presso membri della resistenza olandese. Lieneke vive in un villaggio sperduto con il dottor Kohly e sua moglie, che fingono di essere i suoi zii. Il padre, scienziato dal cuore d'artista, riversa ora il suo talento sui biglietti illustrati che manda a Lieneke, con quei disegni colorati e buffi che tengono accesa la speranza di una vita normale. Sarà proprio quella corrispondenza segreta ad aiutare la bambina a sopportare la fame e la paura, il freddo e la lontananza.

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