domenica 10 gennaio 2010

Roberto Bolano 2666 Adelphi


Delle molte leggende alla cui nascita Bolaño stesso ha contribuito, l'ultima riguarda la forma che 2666 avrebbe dovuto assumere. Si dice infatti che l'autore desiderasse vedere i cinque romanzi che lo compongono pubblicati separatamente, e, se possibile, letti nell'ordine preferito da ciascuno. La disposizione, ammesso che sia autentica, era in realtà un avviso per la navigazione in questo romanzo-mondo, che contiene di tutto: un'idea di letteratura per la quale molti sono disposti a vivere e a morire, l'opera al nero di uno scrittore fantasma che sembra celare il segreto del Male, e il Male stesso, nell'infinita catena di omicidi che trasforma la terra di nessuno fra gli Stati Uniti e il Messico nell'universo della nostra desolazione. Tutte queste schegge, e infinite altre, si possono in effetti raccogliere entrando in 2666 da un ingresso qualsiasi; ma fin dall'inizio il libro era fatto per diventare quello che oggi il lettore italiano, per la prima volta, ha modo di conoscere: un immenso corpo romanzesco oscuro e abbacinante, da percorrere seguendo una sola, ipnotica illusione - quella di trovare il punto nascosto in cui finiscono, e cominciano, tutte le storie.
Diviso in cinque parti: “La parte dei critici”, “La parte di Amalfitano” e “La parte di Fate” “La parte dei delitti” e “La parte di Arcimboldi”.
Il tutto prende forma dall’Europa a Santa Teresa, città di confine nel deserto di Sonora. Il libro comincia, infatti, con l’amicizia di quattro critici di diverse nazionalità (francese, inglese, italiana, spagnola), legati da una stessa passione-ossessione per il misterioso scrittore Benno von Arcimboldi. Tre di loro seguiranno le tracce dello scrittore fino in Messico; a far loro da guida (siamo già nella seconda parte) il professore cileno Amalfitano, che, dopo essere sfuggito alla dittatura di Pinochet e aver girato il mondo, si stabilizza a Santa Teresa, nome che cela la vera Ciudad Juàrez, con sua figlia Rosa. Insieme alla ragazza andremo alla scoperta di Oscar Fate, antieroe per eccellenza e redattore sportivo di colore chiamato in Messico per seguire un incontro di boxe . Ne La parte dei delitti, le efferatezze raccontate con diagnostica freddezza e al contempo con quel lirismo che l’accomuna in parte alla poetica di Edgar Lee Master; infatti, dietro a un catalogo di esemplari umani e vite diverse, si cela un’ unica matrice che ci racconta vite disperate e terribilmente concluse. Quella dei delitti è la parte più lenta, una pausa nera di terrore che Bolaño concede e si concede prima dell’epilogo: La parte di Arcimboldi. La ricerca sembra conclusa, il lettore verrà a sapere qualcosa in più della misteriosa vita dello scrittore tedesco, della sua famiglia, dell’amore per la sorellina e della metamorfosi che l’ha trascinato fino al deserto di Sonora. Eppure non ci basta, vorremmo sapere di più, vorremmo sapere tutto, se Roberto Bolaño è Benno Von Arcimboldi oppure Amalfitano.
Tante, tantissime storie, alcune appena pennellate, tracciate sembra, per puro e personalissimo piacere narrativo; altre che meritano decine di pagine. In più interventi Bolaño ha detto di pensare alla letteratura come una cosa autonoma, capace di nascere e proseguire il suo cammino in maniera autosufficiente. Forse per questo l’autore, pur capace di forgiarne di preziosissime, non ha mai intenzionalmente fornito ai suoi scritti delle sicure stampelle come possono essere i generi. Se non è dunque utile analizzarli, può esserlo almeno sottolineare il tema ricorrente dei romanzi dello scrittore cileno.
Buona lettura di un capolavoro.

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