venerdì 16 aprile 2010

William S. Burroughs, Allen Ginsberg Le lettere dello yagé

Lungo un decennio, dal 1953 al 1963 – nel pieno della loro amicizia –, William Burroughs e Allen Ginsberg intrattengono un epistolario «lisergico» tra i più immaginifici e radicali di tutto il movimento beat, di cui rappresenta una vera sintesi estetica e cognitiva. Ma se il contributo di Ginsberg è concentrato in sostanza in una lunga lettera-poema da Pucallpa (Perù) dove gli effetti dell’ayahuasca si traducono in una visionaria tragicità cosmologica, i molti referti di Burroughs coniugano alle visioni dell’alterazione psico-fisiologica lo sguardo acuto e mimetico dell’antropologo sul campo, fino a rendere i due piani intercambiabili. Per un verso, Burroughs si abbandona alle tante droghe cercate e provate lungo un percorso che oltre al Perù comprende anche Panama e la Colombia, dalla vite dello yoka al mitico yagé, estratto di una pianta che spalanca nella mente sterminati territori onirici: vediamo così scorrere in successione corpi metamorfici dischiusi da granchi o millepiedi; migrazioni «di nuove razze tuttora mai concepite e mai nate»; e soprattutto metropoli-mondo come la «Città composita», in cui «tutto il potenziale umano è distribuito in un mercato ampio e silenzioso». Per un altro, lo scrittore registra ogni frammento del paesaggio circostante, con esiti di violenta ambivalenza: in primo piano, una catena di fisionomie squallide e disturbanti di rado interrotta da qualche oggetto di accensione omoerotica, come il ragazzo di Calì dai “delicati lineamenti ramati” e la “bellissima bocca morbida”; sullo sfondo, luoghi e paesi degradati e tiranneggiati ma collocati in una natura immensa e sgomentante. E la cerniera tra la percezione-allucinazione e il mondo esterno è data come sempre da una scrittura eversiva, la cui inconfondibile tonalità horror si vena qui – anche per la presenza dell’interlocutore epistolare – di una struggente intimità e di una corrosiva ironia.

Silvio a Napoli. La vera storia dietro la maschera

Dalla periferia desolata di Napoli, tra montagne di rifiuti in fiamme, dopo una festa di compleanno in un anonimo ristorante di Casoria che ha per protagonisti Silvio Berlusconi e la diciottenne Noemi Letizia, parte un racconto che punta al cuore malato del potere. Un'indagine avvincente come un romanzo, ma ancorata alla nuda verità dei fatti. L'immagine, elaborata con scrupolo di cronista e capacità d'analisi, di una città e di un paese negli anni cruciali del berlusconismo. Il mistero di Noemi e della sua famiglia, le menzogne del Cavaliere, l’effetto del “Casoriagate” sul voto delle Europee. Dalle feste di Villa Certosa e le tensioni con la Chiesa fino al caso Boffo, la crisi della spazzatura e l’aggressione al premier a Milano. Sullo sfondo, la folla di aspiranti “pupille” sorrette da madri partecipi, che inseguono i capricci del Principe in cambio di una carriera televisiva o parlamentare. Resoconti frettolosamente archiviati come “cronaca rosa” consegnano l’affresco di un’Italia al bivio. Dove il destino personale di un leader incrocia le storie di gente comune. E la politica diventa bolgia.

Herta Muller Cristina e il suo doppio

In una delle scene finali del film Le vite degli altri, quando ormai il Muro di Berlino è crollato, il protagonista, il drammaturgo Dreyman può finalmente leggere i documenti della Stasi che lo riguardano e scoprire che si tratta di uno smisurato dossier dove negli anni si sono accumulati le parole, gli ideali, gli amori di una vita. Lo stesso è accaduto a Herta Müller, che ha dovuto però aspettare a lungo: dopo insistenti richieste e innumerevoli tentativi solo nel 2004 ha potuto visionare il fascicolo a suo carico istituito dalla Securitate, i servizi segreti del regime comunista di Bucarest, nel 1983. Nome in codice: Cristina. 900 pagine, un dossier incompleto perché comunque sottoposto a un accurato lavoro di “pulizia” da parte dei nuovi servizi segreti, una rete di spionaggio e corruzione che continua a operare indisturbata. Seguendo la cronologia del fascicolo Herta Müller racconta in questo (da lei stessa definito) “racconto autobiografico” la sua vita: dal lavoro come traduttrice in una fabbrica di trattori alle prepotenze e ricatti subiti per essersi rifiutata di collaborare coi servizi segreti, fino al licenziamento e all’impossibilità di trovare un’altra occupazione. “Permanente Kontrolle” è quello a cui la Müller viene sottoposta: si tratta di cimici, di perquisizioni furtive in casa, di pedinamenti, di aggressioni. Dopo il successo letterario e i riconoscimenti pubblici la Securitate adotta una nuova strategia: non la ostacola più in quanto dissidente, non le proibisce di viaggiare, ma la asseconda per farla apparire, agli occhi del mondo occidentale, come complice del regime, “agente” al servizio della Securitate. Un racconto terribile in cui Cristina, nemica dello Stato, va combattuta con ogni mezzo. Per comprometterla nell’officina della falsificazione viene fabbricata un’imitazione con tutti gli elementi che possono danneggiarla: comunista, agente, membro del partito – tutto quello che lei non è mai stata.

venerdì 9 aprile 2010

De Crescenzo Ulisse era fico

I miti sono le favole degli adulti, le grandi storie con le quali l’uomo si è raccontato a se stesso, ha provato a rispondere alle domande fondamentali. Nelle vicende di Ulisse e di Prometeo, negli amori fra Arianna e Teseo o fra Didone ed Enea, nelle peripezie della guerra di Troia, nei divini difetti di Zeus e Afrodite si possono leggere altrettanti insegnamenti su quello che siamo, e che dovremmo essere. Luciano De Crescenzo, dopo il successo di “Socrate e compagnia bella”, consegna al nipote Michelangelo, e con lui a tutte le nuove generazioni, dieci lezioni di vita profonde e affascinanti come solo i grandi miti sanno essere. E lo fa ovviamente con il suo spirito irresistibile, con la sua impareggiabile capacità di rendere i classici così magicamente familiari.

Vittorio Andreoli Le nostre paure


Paura della crisi, di perdere il lavoro o il benessere. Paura di un futuro su cui si stagliano le minacce di una catastrofe climatica, del terrorismo, della guerra. Paura del diverso, dell’immigrazione, della criminalità diffusa. Paura di malattie contro le quali la medicina non può nulla, paura di un Dio giudice inflessibile, paura di una morte non placata dal senso religioso... Da dove provengono le angosce che ci rubano la vita, ed esiste un rimedio che ci consenta di riprenderla nelle nostre mani? Vittorino Andreoli offre una diversa visione della paura. L’io deve tener conto di due mondi: quello dentro e quello fuori di noi. E, secondo l’autore, quello che ci condiziona maggiormente è quello dentro di noi. Prendendo le distanze dall’idea darwiniana secondo cui l’io si adatta alla natura, Andreoli dipana quindi un’indagine sulla condizione umana e sui fantasmi che popolano il nostro mondo interiore

Roberto Giacobbo Templari

Roberto Giacobbo torna in libreria con uno dei temi più appassionanti di sempre: i templari. E lo fa con un taglio e delle informazioni assolutamente originali e accattivanti. Il libro sarà una vera e propria caccia al tesoro dei "cavalieri di Cristo" disseminato per l'Europa. Tappa dopo tappa emergeranno le leggende più affascinanti relative al Sacro Graal, alla Sindone, al papato, mostrando i tanti doppi fondi della storia della cristianità. Fino a svelare un segreto custodito proprio nel cuore dell'Italia, nella città dell'Aquila

Roberto Gervaso Io la penso cosi

L'Italia: un Paese che sta in piedi perché non sa da che parte cadere. Un Paese dove le maschere hanno sostituito i volti. Dove "la legge è uguale per tutti", ma non tutti sono uguali davanti alla legge. Un Paese dove d'insormontabile ci sono solo i cavilli. Un Paese di fedeli "praticanti", non di credenti. Un Paese che crede nei santi solo se gli fanno il miracolo. Un Paese dove quel che è pubblico, non è di tutti: è degli altri. Un Paese dove la dietrologia è un bene di prima necessità. Un Paese che vive alla giornata in attesa di passare la nottata. Un Paese di furbi che trovano sempre qualcuno più furbo che li fa fessi. Un Paese dove non è tanto la serietà dei problemi che preoccupa, quanto la mancanza di serietà di chi dovrebbe risolverli. Un Paese diretto da una classe politica senza classe. Un Paese, come diceva Longanesi, dove si è "estremisti per prudenza". Un Paese anarchico, conformista e trasformista. Il Paese di Arlecchino, Pulcinella, Fregoli, Pinocchio, Bertoldo, Maramaldo, Cagliostro. Un Paese di furbi e furbetti, che tirano l'acqua al proprio mulino, infischiandosene degli "interessi generali", che saranno anche "caciocavalli appesi", ma senza i quali un Paese rischia la deriva e il naufragio. Un Paese poco serio, ma creativo, fantasioso, intelligente, maestro nell'arte di arrangiarsi, versione bizantina e levantina del pragmatismo sassone.

Rita Levi Montalcini Elogio dell'imperfezione

L’autobiografia scientifica di uno dei più grandi scienziati del novecento. “Elogio dell’imperfezione” è un’autobiografia, un bilancio dell’operato di Rita Levi-Montalcini, dove ampio spazio viene dato alla scoperta dell’NGF e alle ricerche che hanno portato la scienziata a ricevere il Premio Nobel per la medicina. «L’imperfezione», afferma Rita Levi-Montalcini, «ha da sempre consentito continue mutazioni di quel meraviglioso quanto mai imperfetto meccanismo che è il cervello dell’uomo. Ritengo che l’imperfezione sia più consona alla natura umana che non la perfezione.» L’imperfezione è dunque una componente fondamentale dell’evoluzione. Dagli anfibi all’Homo Sapiens, il cervello dei vertebrati si è sempre prestato a un miglioramento, a un cambiamento, mentre negli invertebrati è nato così perfetto da non entrare nel gioco delle mutazioni, tanto è vero che i trilobiti vissuti centinaia di milioni di anni fa non sono essenzialmente diversi dagli insetti, dagli artropodi di oggi. Ecco perché l’imperfezione «merita un elogio».

Paolo Sorrentino Hanno tutti ragione

Tony Pagoda è un cantante melodico con tanto passato alle spalle. La sua è stata la scena di un’Italia florida e sgangheratamente felice, fra Napoli, Capri, e il mondo. È stato tutto molto facile e tutto all’insegna del successo. Ha avuto il talento, i soldi, le donne. E inoltre ha incontrato personaggi straordinari e miserabili, maestri e compagni di strada. Da tutti ha saputo imparare e ora è come se una sfrenata, esuberante saggezza si sprigionasse da lui senza fatica. Ne ha per tutti e, come un Falstaff contemporaneo, svela con comica ebbrezza di cosa è fatta la sostanza degli uomini, di quelli che vincono e di quelli che perdono. Quando la vita comincia a complicarsi, quando la scena muta, Tony Pagoda sa che è venuto il tempo di cambiare. Una sterzata netta. Andarsene. Sparire. Cercare il silenzio. Fa una breve tournée in Brasile e decide di restarci, prima a Rio, poi a Manaus, coronato da una nuova libertà e ossessionato dagli scarafaggi. Ma per Tony Pagoda, picaro senza confini, non è finita. Dopo diciotto anni di umido esilio amazzonico qualcuno è pronto a firmare un assegno stratosferico perché torni in Italia. C’è ancora una vita che lo aspetta. "Paolo Sorrentino ha inventato Tony Pagoda, un eroe del nostro tempo, il più grande personaggio della letteratura italiana contemporanea." (Antonio D'Orrico)

venerdì 2 aprile 2010

Paolo Villaggio Crociera Low Cost

Roba da non credere, quello che può succedere in una crociera a basso costo. Coi marinai cinici e crudeli che buttano in mare i passeggeri inopportuni, insolenti, o anche solamente infortunati. I cuochi luridi, il cibo rivoltante, l’animazione patetica. E i viaggiatori un branco di pecore, cafoni, conformisti, eppure ognuno mostruoso a modo suo: vecchi decrepiti, uomini inetti, signore ignorantissime, bambini rompiballe. Che nella noia devastante del viaggio si perdono nelle viscere della nave, e nella sala macchine incontrano un gruppetto di persone rimaste intrappolate lì da anni... Non è una novità che Paolo Villaggio, con la scusa di far ridere, sia uno dei più lucidi e spietati antropologi del nostro tempo. E quando il poeta Evtushenko lo indicò come erede di Gogol’, aveva visto in lui una genialità rara nel cogliere i vizi della piccola borghesia. Questo suo nuovo libro è una perla di umorismo grottesco e surreale, un Titanic da discount sul quale si muove un’Italia tanto ridicola da assomigliare pericolosamente alla realtà

Autobiografia Spirituale


Nel cinquantesimo anniversario dell’esilio seguito all’invasione cinese del Tibet, il Dalai Lama licenzia la sua autobiografia spirituale, con la quale invoca una profonda rivoluzione etica e invita ciascuno ad assumersi la sua parte di responsabilità per difendere l’avvenire delle generazioni future. Con la stessa naturalezza con cui riferisce i suoi ricordi d’infanzia, il Dalai Lama narra gli aneddoti e le gesta delle sue vite anteriori, riflette anche sulla sua successione, parla della sua carica di capo spirituale e di portavoce del Tibet e commenta l’impatto che tale ruolo ha sulla scena internazionale. Senza mai dimenticare i tre grandi impegni della sua vita e della sua missione: in quanto essere umano egli riafferma l’importanza di sviluppare le qualità del cuore per il bene di tutti; in quanto monaco buddista esorta al dialogo con le altre religioni, con i non credenti e con gli scienziati; in quanto Dalai Lama promuove una politica di bontà e lancia al mondo un appello alla consapevolezza. Nell’era della civiltà planetaria e della storia globale, un libro che contiene formidabili lezioni di vita, scritto da una personalità d’eccezione che si dona con spirito e verità, per festeggiare un trionfo della pace.