giovedì 10 giugno 2010

Pietro Grossi Martini


Intervistare è un’arte, scrivere anche. Un giovane giornalista si ritrova al bar di un albergo per intervistare Jay Martini, autore di un grande libro, semplice, preciso, affilato come un rasoio. Per lo scrittore è la settima intervista della serata ed è piuttosto annoiato. Ma Frank, non ha timidezza e inibizioni e la conversazione fila liscia e piacevole, vuotando drink. I due si piacciono, ogni tanto si scrivono. Frank ha talento, Martini ne è convinto, dovrebbe scrivere libri anche lui, perché sa distinguere le cose, sa “vedere la roba”: “non sappiamo nemmeno noi quale roba. Però poi la gente ci legge e la vede”. Jay e Frank si incontrano e si perdono di vista, Martini scrive un altro libro, un altro capolavoro; ha pure un grande amore. Poi lo scrittore, si eclissa, lascia semplicemente la sua casa e non vi fa più ritorno, così, da un giorno all’altro. Perse le sue tracce l’appartamento viene sgomberato, gli oggetti messi all’asta. Qualcuno pensa di averlo riconosciuto in un signore seduto a un caffè di Istanbul ma è solo una voce. Di lui non si sentirà più parlare finché una sera Frank e Jay si rincontrano e davanti a un calice a cono con un’oliva dentro Martini racconterà perché i suoi libri non ci sono più. La voglia di scrivere e il talento, il mestiere e la passione in un racconto esemplare che pone molte domande e sgonfia altrettante certezze.

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