venerdì 16 aprile 2010

Herta Muller Cristina e il suo doppio

In una delle scene finali del film Le vite degli altri, quando ormai il Muro di Berlino è crollato, il protagonista, il drammaturgo Dreyman può finalmente leggere i documenti della Stasi che lo riguardano e scoprire che si tratta di uno smisurato dossier dove negli anni si sono accumulati le parole, gli ideali, gli amori di una vita. Lo stesso è accaduto a Herta Müller, che ha dovuto però aspettare a lungo: dopo insistenti richieste e innumerevoli tentativi solo nel 2004 ha potuto visionare il fascicolo a suo carico istituito dalla Securitate, i servizi segreti del regime comunista di Bucarest, nel 1983. Nome in codice: Cristina. 900 pagine, un dossier incompleto perché comunque sottoposto a un accurato lavoro di “pulizia” da parte dei nuovi servizi segreti, una rete di spionaggio e corruzione che continua a operare indisturbata. Seguendo la cronologia del fascicolo Herta Müller racconta in questo (da lei stessa definito) “racconto autobiografico” la sua vita: dal lavoro come traduttrice in una fabbrica di trattori alle prepotenze e ricatti subiti per essersi rifiutata di collaborare coi servizi segreti, fino al licenziamento e all’impossibilità di trovare un’altra occupazione. “Permanente Kontrolle” è quello a cui la Müller viene sottoposta: si tratta di cimici, di perquisizioni furtive in casa, di pedinamenti, di aggressioni. Dopo il successo letterario e i riconoscimenti pubblici la Securitate adotta una nuova strategia: non la ostacola più in quanto dissidente, non le proibisce di viaggiare, ma la asseconda per farla apparire, agli occhi del mondo occidentale, come complice del regime, “agente” al servizio della Securitate. Un racconto terribile in cui Cristina, nemica dello Stato, va combattuta con ogni mezzo. Per comprometterla nell’officina della falsificazione viene fabbricata un’imitazione con tutti gli elementi che possono danneggiarla: comunista, agente, membro del partito – tutto quello che lei non è mai stata.

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